Il bambino impara la lingua già nel ventre materno

Finalmente uno studio che prova quanto sia necessario parlare ai bambini non solo dai primi mesi di vita, ma anche quando sono nel pancione!

Questo è il primo studio che ‘fotografa’ l’apprendimento prenatale dei feti riguardo i suoni e la specifica musicalità del linguaggio materno . Secondo la recente ricerca svolta dall’Università di Washington condotto da Patricia Kuhl, direttrice dell’Insitute for Learning & Brain Sciences, e pubblicata sulla rivista Acta Paediatrica, il feto incomincia a imparare la lingua e le parole già  durante i mesi di gestazione

La ricerca ha dimostrato che i bimbi nati da poche ore sono in grado di distinguere i suoni di una lingua sconosciuta da quelli appartenenti a
quella nativa. I meccanismi sensoriali e cerebrali si sviluppano infatti alla 30esima settimana e il nuovo studio dimostra che nelle ultime dieci settimane di ‘permanenza’ nel pancione, il bebè ascolta la mamma parlare e alla nascita può dimostrare di aver sentito. I suoni vocali da lei emessi nei suoi discorsi sono il punto di riferimento più forte e il feto si fissa su questi.

fonti:

http://www.uni-wuerzburg.de/

http://ilabs.washington.edu/

I neonati riconoscono e memorizzano le parole basandosi in primo luogo sulle vocali

L’ascolto di parole o sillabe (soprattutto le vocali) già udite in precedenza ( anche durante la gravidanza) mobilita l’attivazione di specifiche aree cerebrali frontali del neonato, mettendolo in grado di memorizzare per alcuni minuti informazioni specificamente relative al parlato. A dimostrarlo stata una ricerca condotta presso il Laboratorio
di linguaggio, cognizione e sviluppo della SISSA di Trieste, diretto da Jacques Mehler, e descritta in un articolo a prima firma Silvia Benavides-Varela pubblicato sui “Proceedings of the National Accademy of Sciences”.

I ricercatori hanno monitorato con la metodologia della topografia ottica l’attività cerebrale di 44 neonati due minuti dopo che i bambini avevano ascoltato delle parole (in realtà, sequenze di sillabe senza senso ma con una struttura simile alle parole). La topografia ottica è una tecnica di visualizzazione non invasiva dell’attività cerebrale, basata sulla
spettroscopia fNIRS (functional near-infrared spectroscopy) in cui l’attività cerebrale è misurata sulla base della risposta emodinamica all’attività cerebrale, rilevata attraverso le variazioni nell’infrarosso vicino rispetto al quale tessuti cerebrali e ossa sono parzialmente trasparenti.

Nella prima parte dell’esperimento ai neonati veniva fatta ascoltare una serie di parole che facevano da riferimento rispetto a una seconda serie di vocaboli, che potevano essere foneticamente simili o dissimili, fatti ascoltare in un secondo momento.

Durante la seconda fase dell’esperimento, Benavides-Varela e colleghi hanno potuto osservare che quando i piccoli ascoltavano sillabe udite in precedenza entravano in funzione sistemi cerebrali che interessano aree della regione frontale destra: le stesse che negli adulti vengono reclutate durante il recupero delle informazioni. Il fenomeno non si manifestava invece se le sillabe udite erano nuove.

I risultati hanno inoltre dimostrato che le capacità del neonato di discriminare fra i suoni uditi, già evidenziate da studi precedenti, non si traducono in una memorizzazione dettagliata di tutti i segmenti di una parola: se le parole avevano vocali diverse ma le stesse consonanti, le tracce di attività nei circuiti di elaborazione della memoria del parlato erano assenti. I neonati memorizzano dunque principalmente le informazioni relative alle vocali, contraddicendo un’ipotesi diffusa fra gli psicologi secondo cui essi non avrebbero “preferenze” fra vocali e consonanti.

“Gli esperimenti ci mostrano principalmente due cose: in primo luogo nei neonati l’informazione veicolata dalle vocali sembra più facile da riconoscere di quelle delle consonanti” ha spiegato Marina Nespor, che ha partecipato alla ricerca. “La seconda osservazione importante è che a quanto pare le aree frontali potrebbero essere implicate nel riconoscimento delle sequenze parlate già dai primissimi stadi dello sviluppo.”

http://www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1205413109

lescienze.it

Lo sviluppo musicale dei bambini

Lo sviluppo musicale dei bambini

di Johannella Tafuri – Conservatorio di musica “G. B. Martini”, Bologna

tratto da Quaderni acp 2005; 12(3): 96-98

Come il cervello del feto elabora le informazioni uditive esterne

Grazie a strumentazioni sempre più sofisticate che riproducono immagini ad alta risoluzione,  si è ora in grado di vedere il cervello umano e perfino quello del feto in via di maturazione nel ventre materno, e di capire quando e come si sviluppano le diverse strutture cerebrali.

In generale si è visto che le prime aree cerebrali a maturare sono quelle responsabili dell’elaborazione degli stimoli esterni e in questo periodo di tempo varia anche la struttura della massa cerebrale.

Negli ultimi tre mesi di gravidanza si sviluppa  invece la sostanza bianca che contiene importanti collegamenti tra le aree cerebrali affinchè la comunicazione avvenga in modo  regolare.

In questa fase si sviluppano gli assoni (i prolungamenti dei neuroni) e la guaina mielinica che è una sostanza isolante che permette  una rapida trasmissione dei segnali elettrici.

Oltre che anatomicamente, il cervello matura anche dal punto di vista funzionale.

Al 5° mese l’udito è già in funzione e il feto reagisce ai rumori aumentando la frequenza cardiaca o esibendo movimenti spontanei.

Negli ultimi 3 mesi se si trasmettono suoni al bambino in gestazione si è visto che aumenta anche la sua attività cerebrale nel lobo temporale (L’area più importante per l’elaborazione degli stimoli linguistici). ( Frenaud Jardri dell’Università di Lille neuro scienziato francese – 2008-)

Già alla 28° settimana i feti non si limitano a percepire genericamente i rumori esterni al ventre ma distinguono i diversi rumori e imparano a filtrare gli stimoli, importante per imparare a elaborare in modo sensato le informazioni.

I feti oltre a modificare la loro attività motoria e cardiaca in risposta a stimolazioni di tipo uditivo,  sanno anche riconoscere e memorizzare gli stimoli uditivi proposti.

Si è riscontrato che dopo aver percepito lo stesso suono diverse volte, per il quale si sono notate risposte cardiache e motorie, il feto, riconoscendo il suono e non essendo più in allarme per questo, non reagisce più. Queste affermazioni dimostrano che il cervello del feto sa elaborare gli stimoli esterni e già nel ventre materno, è capace di un rudimentale apprendimento. Sono state effettuate numerose prove, sui neonati, a proposito delle loro possibilità di riconoscere melodie, frasi musicali e persino favole lette dalla madre nelle ultime settimane di gravidanza: da ciò sono scaturiti dei risultati che confermano sempre queste precoci capacità di discriminare, riconoscere e preferire gli stimoli conosciuti.(Huebert Preissl-  fisico presso la clinica Universitària di Tuebingen in Germania).

Scienza perinatale delle emozioni e degli affetti

Il coinvolgmento affettivo della mamma verso il feto prima  e  il neonato poi, attiva delle modificazioni neuroendocrine che si trasformano in cambiamenti affettivi e viceversa,  in modo che il rapporto con il piccolo sia costantemente vivo. Durante tutto il periodo perinatale la madre produce neuroni modulatori capaci di aumentare l’efficacia delle connessioni sinaptiche del piccolo; uno di questi è l’ossitocina, un  neuro modulatore che favorisce il sentimento di tenerezza e di attaccamento rinforzando la tendenza a legarsi agli altri.  Assorbendo ossitocina a sua volta il piccolino sviluppa e fissa per sempre il desiderio della relazione affettiva. Lo stato  psicologico materno diventa quindi prima biologico e poi psicologico nel piccolo.

Questa relazione simbiotica con la madre continua anche nella vita extrauterina, il bambino distingue un viso triste da uno felice, un timbro di voce spento da uno vibrante e riproduce tutto ciò nel suo primordiale sistema mentale. Un figlio di una mamma depressa sarà in difficotà non solo perchè la figura di riferimento è lontana, ma anche perchè ne subisce per imitazione il contagio emotivo che poi diventa fisico. I genitori ma anche tutti coloro che hanno a che fare con bambini piccoli devono essere a conoscenza di quanto le relazioni siano basilari nella costruzione del cervello, e di quanto le carezze o la mancanza di esse possano nutrire o meno l’area limbica (il limbo è la struttura più profonda del cervello che raccoglie ed elabora tutte le emozioni).

In ambito prenatale il cervello non memorizza da subito a livello neuronale, ma le fibre dell’affettività (le fibre C) presenti nella cute si attivano da subito. Le fibre C di recente scoperta,   trasmettono impulsi attraverso percorsi diversi da quelli standard delle vie nervose . E’ stato provato da un gruppo di scienziati svedesi che se il midollo spinale è leso, le fibre C seguono allora un diverso tipo di percorso e di linguaggio per accendere le strutture limbiche di  pazienti con lesioni midollari permettendogli comunque di percepire il senso del piacere, e dell’affettività di una carezza . Queste fibre C si formano già nelle prime settimane di vita nel feto precedendo addirittura la sensazione tattile; il piacere che un corpo prova sotto a una carezza non è solo il toccare ed essere toccato, è un piacere molto più sottile e raffinato, e il feto usa questo percorso per creare la sua prima unione con la madre, quel legame reciproco in cui il bimbo si riconosce anche dopo la nascita.

La voce materna è il primo strumento che il bambino ha attorno a sè per relazionarsi col mondo, a partire dalla vita prenatale: è il primo veicolo di una vita affettiva che il bimbo ha e che usa per captare le sue prime emozioni. Prima di raggiungere il significato semantico della parola attorno al 6° mese, tutta la sua comunicazione e la sua emozione si basano su questo, sulla tonalità della voce e sulla musicalità del linguaggio. Anche l’ascolto della musica da parte del feto è stimolante proprio a livello cerebrale, come se la musica passasse attraverso la pelle della madre per arrivare a modificare la percezione del piccolo dentro al suo ventre.

Il piccolino memorizza  nel ventre materno tutte le vibrazioni sonore sulla pelle. Le neuroscienze hanno dimostrato infatti che già all’ottava settimana il feto è tutto ricoperto di pelle e che alla quindicesima settimana il piccolo inizia ad attivare i sensori,  il feto sente! Come afferma il filosofo Umberto Galimberti, (…) la musica si sente sul corpo come i baci e le carezzze. Non si ascolta solo con le orecchie. E’  il corpo intero che vibra.